Tamoxifene Associazione Italiana Malati di Cancro
Il tamoxifene può contribuire all’aumento del rischio di tumore all’utero, ictus o coaguli di sangue nei polmoni. Una terapia con Tamoxifene può accentuare il rischio di coaguli di sangue nei polmoni, ictus o canco all’utero. Questo principio attivo può inoltre diminuire l’azione dei contraccettivi ormonali. Quando inizierà il trattamento il medico le prescriverà anche un esame della vista; il tamoxifene può causare cataratta e il rischio aumenta con l’aumentare della durata del trattamento. Il medico la informerà che all’inizio del trattamento potrà notare un peggioramento dei sintomi della malattia come aumento del dolore e/odelle dimensioni della zona malata. Si descrivono di seguito gli effetti collaterali più comuni e anche i meno frequenti, mentre sono stati tralasciati gli effetti collaterali molto rari.
- Nonostante i suoi benefici, il tamoxifene può interagire negativamente con altri farmaci, rendendo importante per i pazienti discutere con il loro medico di tutti i farmaci che stanno assumendo.
- Molte donne che potrebbero trarre beneficio dal tamoxifene però non iniziano o interrompono la terapia a causa dei suoi effetti collaterali, come la comparsa di sintomi della menopausa e di vari disturbi ginecologici.
- Gli effetti collaterali più frequenti del tamoxifene sono le vampate di calore (caldane) e la secchezza vaginale.
- Durante il trattamento con tamoxifene, inoltre, è importante effettuare regolari controlli dell’apparato genitale e, in particolare, del tessuto endometriale poiché il principio attivo può causarne l’alterazione (iperplasia, formazione di polipi, carcinoma).
“Abbiamo osservato che il Baby Tam (tamoxifene a basse dosi) riduce del 50 per cento circa il rischio di recidiva del tumore e del 75 per cento quello di comparsa di un nuovo tumore all’altra mammella, con minimi effetti collaterali” riassume De Censi. Un’ulteriore analisi dei dati presentata ai primi di giugno al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology ha permesso di chiarire ancora meglio chi beneficia di più del regime a basse dosi. “Sappiamo che il Tamoxifene è efficace nella prevenzione, ma la sua tossicità rappresenta una barriera importante per il suo uso in una popolazione ad aumentato rischio di cancro al seno. Il tamoxifene è un modulatore selettivo del recettore degli estrogeni (SERM) che viene utilizzato principalmente nel trattamento del tumore al seno ormono-dipendente in fase iniziale e avanzata. È particolarmente indicato per le donne in premenopausa, poiché agisce bloccando gli effetti degli estrogeni sul tessuto mammario. Il farmaco è efficace anche come terapia adiuvante, riducendo il rischio di recidiva dopo la chirurgia e la radioterapia.
E’ possibile prendere Tamoxene durante la gravidanza e l’allattamento?
In tal modo riduce il rischio che la malattia torni dopo l’intervento e la necessità di effettuare una radioterapia o una chemioterapia. Inoltre, abbassa di circa il 40% il rischio relativo che si sviluppi un nuovo tumore nell’altro seno, rispetto a chi nelle stesse condizioni non assume la stessa terapia. È una delle terapie endocrine più comunemente utilizzate per il trattamento del cancro al seno ormono-sensibile. Il tamoxifene può essere utilizzato sia in fase precoce che avanzata del cancro al seno. Inoltre, può essere utilizzato come terapia adiuvante dopo la chirurgia per ridurre il rischio di recidiva del cancro.
Il tamoxifene può anche essere utilizzato come terapia preventiva nelle donne ad alto rischio di sviluppare il cancro al seno. Inoltre, la ricerca continua a studiare nuovi usi per il tamoxifene, come ad esempio nel trattamento di altri tipi di cancro o di malattie non oncologiche. Alcuni studi recenti stanno anche esplorando la possibilità di utilizzare il tamoxifene in combinazione con altri farmaci, per aumentare la sua efficacia o per ridurre i suoi effetti collaterali. I risultati di uno studio italiano confermano che «una dose di 5 mg di tamoxifene al giorno per soli 3 anni riduce il rischio di recidive e di nuovi tumori al seno, con minimi effetti collaterali, mantenendo gli effetti anche 7 anni dopo la fine del trattamento».
Tamoxifene Ratiopharm: Bugiardino (Foglietto Illustrativo)
In pazienti in trattamento con tamoxifene sono stati segnalati casi di neuropatia ottica e di neurite ottica e, in un limitato numero di casi, si è verificata cecità. Le pazienti in premenopausa, prima di iniziare il trattamento, devono essere sottoposte ad attenti controlli per escludere la possibilità di una gravidanza in atto. In seguito all’uso concomitante di tamoxifene e dell’inibitore dell’aromatasi letrozolo è stata osservata una riduzione delle concentrazioni plasmatiche di letrozolo del 37%. L’uso di tamoxifene in associazione con un inibitore dell’aromatasi come terapia adiuvante non ha mostrato un’efficacia migliore rispetto a tamoxifene da solo.
TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
La terapia ormonale è in genere ben tollerata e provoca effetti collaterali gravi solo in rari casi. Tuttavia, può comportare una serie di disturbi di entità variabile a seconda del tipo di composto. Il medico (o il senologo o l’oncologo) deve accertarsi che la paziente non sia in stato di gravidanza e che non assuma anticoagulanti. È importante che le persone sottoposte a trattamento con il tamoxifene non soffrano di allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti o ad altri farmaci o alimenti né di malattie epatiche, trigliceridi alti, cataratta, ictus o trombi.
È importante ricordare che l’interruzione del tamoxifene non deve mai essere decisa autonomamente, ma deve sempre essere discussa con https://abtboron.com.au/steroidi-comprendere-i-fondamenti-e-gli-effetti-3/ il proprio medico. Valide alternative al trattamento con analoghi LHRH possono essere gli LHRH antagonisti o antagonisti del GnRH (per esempio il degarelix), specie nei pazienti a maggior rischio di flare-up, o nei quali è necessario ottenere più rapidamente la risposta terapeutica. Gli antagonisti del GnRH inibiscono direttamente l’LHRH a livello ipofisario attraverso un meccanismo di tipo competitivo e bloccano la secrezione di LH e FSH senza determinare effetti agonisti, consentendo pertanto di evitare il fenomeno del flare-up. Il testosterone prodotto dai testicoli maschili stimola la crescita del tumore della prostata. Con la terapia ormonale si cerca di contrastare tale azione rallentando o bloccando la sintesi del testosterone e determinando perciò una deprivazione androgenica. Nelle prime settimane di trattamento questi farmaci possono scatenare un effetto paradossale di esacerbazione dei sintomi detto flare-up, in misura diversa da farmaco a farmaco e in relazione alle caratteristiche individuali.
Il rischio cumulativo è calato del 52% mentre il rischio di carcinoma mammario controlaterale, trattato con tamoxifene a basso dosaggio, è stato ridotto del 75% rispetto al placebo, suggerendo un forte potenziale nel fattore preventivo. Si è vericato un decesso nel gruppo trattato con tamoxifene contrariamente ai due verificatesi nel gruppo di pazienti trattate con placebo. Il tamoxifene è metabolizzato, prevalentemente a livello del CYP3A4, in Ndesmetiltamoxifene; quest’ultimo viene ulteriormente metabolizzato a livello del CYP2D6 al metabolita attivo endoxifene. Nei pazienti con carenza dell’enzima CYP2D6, le concentrazioni di endoxifene sono approssimativamente inferiori del 75% rispetto a quelle in pazienti con un’attività normale del CYP2D6.
Pur se non è sempre previsto l’obbligo della forma scritta, ove disponibile, è pertanto importante che il medico legale che affianca l’avvocato verifichi il documento del consenso informato. Ottenere la documentazione (modulo di consenso informato, cartella clinica, esami, refertazione ecc.) dal medico o dall’Ospedale è anch’esso un diritto tutelato dall’ordinamento giuridico. In caso di interruzione definitiva del trattamento richiesta dal medico, il farmaco rimanente deve essere gettato negli appositi contenitori in farmacia per la raccolta differenziata dei medicinali. Le concentrazioni allo stato di equilibrio (steady state – circa 300 ng/ml) vengono raggiunte dopo 4 settimane a 40 mg/die. Sono stati riportati anche dolore addominale, aumento del dolore osseo e tumorale, tosse, anoressia e costipazione. Quando tamoxifene è somministrato in associazione a farmaci citotossici, il rischio di episodi tromboembolici risulta aumentato.